Preah Khan

Tempio di Preah Khan

L’attuale area dei templi di Angkor è stata la capitale dell’impero Khmer che ha esercitato il suo potere su un’area molto estesa della penisola indocinese per centinaia d’anni.

Oggi rimane uno sterminato parco archeologico, patrimonio dell’UNESCO, con centinaia (sì, proprio centinaia) di templi.

Il parco archeologico dove si trovano i templi di Angkor si trova in una grande pianura alluvionale tra il lago Tonle Sap ed i monti del Phnom Kulen, che si estendono per circa 400 chilometri quadrati.

 

Lo stato di conservazione dei templi è molto differenziato ma la magia che trasmettono, e la percezione della straordinaria civiltà che li ha prodotti, colpiscono al cuore il visitatore appena attento ad opere incredibili dell’ingegno umano.

Per una civiltà che allora come oggi era basata sulla agricoltura, con le tipiche stagioni monsoniche ricche di pioggia per metà parte dell’anno e senza piogge per la parte restante, il governo delle acque era la cosa più importante per garantire la coltura del riso e la vita delle persone.

 

Il tempio più famoso è certamente quello di Angkor Wat che unisce alla ricchezza architettonica ed artistica una soluzione idraulica incredibilmente ingegnosa pensando che è stata pensata e realizzata quasi 1000 anni fa.

 

il nome  Angkor Wat spesso viene usato per identificare l’insieme dell’area dei templi. In realtà “Wat” sta per “tempio” e quindi il suo significato è “il tempio di Angkor”.

 

Se il “Tempio di Angor” è il più famoso, ed è diventato il simbolo della Cambogia, vi sono molti altri templi la cui bellezza colpisce.

 

Uno tra quelli che mi ha colpito in modo particolarmente è quello di Preah Khan. La ricchezza delle decorazioni in bassorilievo, la brutale conquista che alcuni enormi alberi con le loro radici hanno fatto nei secoli della costruzione degli uomini, il fascino di un tempio in parte crollato sotto l’azione del tempo, impressionano.

L’aiuto casuale di un custode che mi ha guidato nella scelta delle posizioni da cui fotografare ha di sicuro contribuito a produrre gli scatti più belli.

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Peterhof

Palazzi, giardini e fontane di Peterhof

Peterhof è una delle attrazioni più visitate tra chi va a San Pietroburgo. Fa parte dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Edificata per volere di Pietro il Grande tra il 1714 e il 1723, è una delle regge dello Zar, costruita a 20 km ad ovest di San Pietroburgo sulle rive del Golfo di Finlandia. È stata una delle residenze degli zar fino al 1917.

Il nome Peterhof (in russo: Петерго́ф?, letteralmente Petergóf) significa “Corte di Pietro”.

La reggia comprende numerosi palazzi che si estendono su una superficie sterminata di 607 ettari, ripartiti tra il Parco superiore, il Parco inferiore e il Parco di Aleksandra.

Completamente ricostruito dopo la distruzione nella Seconda guerra mondiale

Tra il 1941 e il 1944, durante la Seconda guerra mondiale Peterhof fu occupato dai tedeschi e il complesso venne quasi completamente distrutto da bombardamenti e combattimenti vari durante il lunghissimo assedio a San Pietroburgo.Dopo la guerra iniziò la ricostruzione di Peterhof, ricostruzione che prosegue tuttora e che ha restituito ai visitatori la magnificenza di dei numerosi palazzi, delle molte fontane, dei viali alberati, dei sentieri immersi nei boschi che lo caratterizzano.

L’uso sapiente e sofisticato dell’acqua è ciò che, forse, colpisce di più il visitatore: fontane dei tipi più vari, spesso vere opere d’arte e superbe realizzazioni di ingegneria idraulica, stupiscono per la loro raffinatezza.

Come raggiungerlo

Ci sono diversi modi per raggiungere Peterhof: mezzi pubblici, aliscafo, taxi. Suggerisco il taxi, usando un Uber locale (Gett): il costo per tratta è sui 13 € per 20 Km (agosto 2018) e ti porta pressoché all’ingresso, mentre il bus si ferma più lontano. Dal centro di San Pietroburgo in taxi ci vuole circa 1 ora per il traffico intenso.

L’aliscafo arriva all’approdo al parco inferiore, cosa che non consente di visitare il parco superiore se non pagando 2 volte il biglietto di accesso al parco.

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Kirovskiy zavod, metro station, St. Petersburg, Russia, subway, wide angle lens

San Pietroburgo: la bellezza sottoterra delle stazioni della metropolitana

San Pietroburgo è uno scrigno pieno di così tante cose belle da vedere che, di primo acchito, non si penserebbe di fare anche il tour delle stazioni della metropolitana.

E invece va fatto perché alcune stazioni sono delle attrazioni sia per la storia che raccontano che per il loro valore architettonico.

In particolare, lungo la prima linea costruita, la linea numero 1contrassegnata dal colore rosso, alcune stazioni vanno visitate con un occhio attento alla loro architettura di insieme ma anche ad alcuni dettagli.

Tra le altre ho fotografato alcune tra quelle consigliate, con un criterio basato sulla velocità di scatto. Il poco tempo a disposizione mi ha imposto il criterio della vicinanza tra di loro.  A partire da una di quelle considerata tra le più belle (Avtovo), mi sono fermato via via a Kirovsky Zavod, Narvskaya, Baltiyskaya, Pushkinskaya per finire a Ploshchad Vosstaniya sotto la stazione dei treni Mosca (Moskovskiy Vokzal).

Per chi fosse interessato a saperne di più riporto i link di Google Map alle singole stazioni:

Le viste di insieme sono fatte con fotocamera Canon 5D Mark II e obiettivo Samyang 14mm f2.8. Scatti fatti ovviamente con il cavalletto. Tripla esposizione con diversi tempi per comporre poi il 3 scatti con la funzione HDR di Lightroom Classic CC, usata in modo moderato.

Le viste di dettaglio sono state fatte con Canon 7D e obiettivo Canon 24-105mm-f4.0 IS.

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“Sentiero del silenzio” a Campomuletto sull’Altopiano di Asiago

Il Sentiero del Silenzio, Porta della Memoria si trova a Campomuletto, nel Comune di Gallio sull’Altopiano di Asiago in un ambiente montano di particolare bellezza.

É stato progettato dall’architetto Diego Morlin, su incarico del Comune di Gallo e inaugurato a fine 2008. La cura del sito è affidata alla cura degli Alpini di Gallio e Stoccareddo.

È un percorso di un paio di chilometri nel bosco a 1550 metri di altitudine dove sono state posizionate 10 opere d’arte contemporanea in luoghi che hanno visto alcune delle più sanguinose battaglie della prima guerra mondiale.

Le 10 sculture, realizzate con materiali durevoli (bronzo, corten e pietra), sono state posizionate lungo un percorso di circa due chilometri che entra ed esce dal bosco e che consente al visitatore di immergersi in punta di piedi tra natura e storia coinvolgendolo con un forte impatto emotivo.

I nomi sono delle opere d’arte sono altamente evocativi (Pace ritrovata,Pietà, Speranza, Lettere, Testimoni, Eserciti, Fiori vivo, Labirinto nero, Gli Immortali, Frutti gloriosi).

Il sito si raggiunge salendo da Gallio, in provincia di Vicenza, verso Campomulo proseguendo poi per Campomuletto, si parcheggia presso l’omonimo rifugio e si imbocca il sentiero.

È una passeggiata che richiede poco sforzo e che consente, in circa un’ora, di apprezzare le varie installazioni artistiche in un museo a cielo aperto all’interno di uno stupendo contesto naturale.

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Durona Trail 2018

Facce da corsa in montagna: Durona trail 2018

Facce di atleti ed amatori in un corsa molto impegnativa in montagna.

Si mescolano fatica, divertimento, ironia, passione, sforzo, in modo molto vario come è vario l’approccio di chi ha corso su e giù per le montagne un trail running(Durona Trail 2018).

Il trail running è una specialità della corsa a piedi che si svolge in ambiente naturale, per lo più su sentieri, con limitati tratti asfaltati che non superano il 20% del percorso totale.

I percorsi sono di solito piuttosto lunghi e con dislivelli importanti sia in salita che in discesa.

Normalmente questa attività è caratterizzata da una considerevole lunghezza dei percorsi oltre che dal superamento di dislivelli importanti, tanto positivi che negativi.

Durona Trail è la competizione che si svolge nell’incantevole scenario della Valle del Chiampo. Il nome “Durona” deriva dalla varietà di ciliegie “durone” per le quali Chiampo e la sua valle sono giustamente famose. La corsa si tiene all’interno della Festa delle ciliegie e ne è uno dei momenti più significativi.

Durona Trail 2018” si è corsa il 9 giugno su diverse lunghezze. Nella versione completa ed impegnativa gli atleti hanno percorso 60 km con 3200 metri di dislivello. Partenza ed arrivo a Chiampo con un percorso passato per Bolca, Durlo, Campodalbero, La Piatta, Compogrosso, Passo Santa Caterina.

Massima altitudine sul Monte Campetto a 1.660 m.

Un percorso molto impegnativo con appena il 7% di strade asfaltate e con il 35% di single track e il 58% di fuori strada.

Il percorso intermedio (“Durona short Trail”) è stato invece di 39 km con dislivello di 1.850 m in salita e 2.500 m in discesa con partenza è Durlo di Crespadoro sul percorso della competitione completa.

 

Il supporto fotografico è stato dato dal Circolo Fotografico Arzignano (www.facebook.com/cfarzignano/) che ha disposto 12 fotoamatori lungo il percorso di gara e io sono stato uno dei 12 volontari.

Le foto riportate sono state fatte in località Campodalbero di Crespadoro, sul sentiero 208 che congiunge la Contrada Molino con il Rifugio Bertagnoli in località La Piatta.

Attrezzatura: Canon 7D, Obiettivo Canon 70-200mm f2.8L IS II USM, Flash Canon 580 EX II con diffusore.

Dati di scatto: ISO 1000, 1/500 sec.

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Praga Ponte Carlo

Sopra e intorno a Ponte Carlo a Praga

Non so se sia vera la leggenda secondo cui, di notte, le statue del Ponte Carlo a Praga (in Ceco: Karluv Most ) si animerebbero per prendersi cura dei bambini della vicina isola di Kampa.

Quel che è certo è che le 30 statue poste sui due lati del ponte, paiono diverse a seconda della luce che le illumina nei diversi momenti: giorno e notte, diverse stagioni dell’anno, diverse condizioni atmosferiche.

E poi la gente: artisti e artigiani di strada, sterminata folla quotidiana di turisti, immancabili giovani coppie di sposi cinesi con fotografi al seguito che trovi sul ponte già prima dell’alba.

Sono spesso a Praga e più di qualche volta scelgo uno degli hotel di charme a ridosso di Ponte Carlo.

È la scusa per poter fotografare la vita sul ponte e il ponte stesso nelle più diverse condizioni atmosferiche e di luce, cercando ogni volta una vista diversa.

Angelo Maria Ripellino ha intitolato “Praga magica” il suo celebre libro su Praga: parte non piccola di questa magia la trovi proprio su Ponte Carlo.

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