Lavanda nel delta del Po

La lavanda nel delta del Po

La lavanda nell'isola donzella a cà mello

Proprio dietro l’oasi naturalista di Cà Mello, nel cuore dell’isola Donzella a ridosso della Sacca di Scardovari, trovi questo campo di lavanda, nota di colore nuova in quest’ampia area agricola nel cuore del delta del Po (https://goo.gl/maps/vLoc3W9dY1tqNtTG8).

Miele ai fiori di lavanda

La famiglia Masiero (Claudio e Micaela, con il figlio Enrico) hanno deciso di provare qualcosa di diverso dal solito mais o frumento, per vedere l’effetto che fa.

L’olio essenziale di lavanda ha vari usi e stanno ancora cercando di capire se e quale sbocco economico questa scommessa potrà avere.

Di sicuro produrrà del miele ai fiori di lavanda, grazie alle api che un loro amico apicoltore ha prontamente portato a ridosso del campo di lavanda.

Intanto questo piccola distesa di appena due ettari e mezzo è diventato un fenomeno mediatico che attrae un inaspettato numero di turisti e curiosi anche da lontano.

La lunga fila di auto e camper parcheggiati testimonia un successo tanto inaspettato quanto non proprio gradito.

Figlio che si diverte, madre molto di meno

Enrico, il figlio, pare divertirsi a fronte di questa improvvisa ed inaspettata notorietà: interviste, foto, video su Youtube, persone che chiedono, si informano, incoraggiano.

La madre, più pragmaticamente, esprime il fastidio per la torva di persone che arrivano, si sentono come fossero a casa propria, talvolta disturbando e facendo danni.

E lei ha dovuto, con pazienza, recintare il terreno, mettere cartelli per ricordare le regole da rispettare, a cominciare dall’uso della mascherina. Non tutti rispettano le regole.

Va detto che più di qualche stupido anche in questo caso non manca. I maleducati sono purtroppo dovunque. La sera di venerdì 19 giugno, una disperata Micaela, ripeteva: “Basta, chiudo tutto, non ne posso più, io coltivo la lavanda e non sono qui per accogliere turisti che non ho chiamato ne vorrei ci fossero”.

Non credo che questo giusto sentimento venga attutito dai quattro soldi che i turisti di buon senso e grati per questa insolita attrazione, buttano nel barattolo dove è scritto “Offerta”.

Foto al tramonto e all’alba

Le foto sono state fatte la sera di venerdì 19 giugno, nei brevi intervalli durante i ripetuti temporali del tardo pomeriggio, e la mattina di sabato 20 giugno a partire da 5:00 del mattino.

Purtroppo l’unico nuvolone in un cielo terso ha impedito di fotografare il sorgere del sole sul campo di lavanda alle 5:32. È quanto capita spesso ai fotografi: puoi programmare tutto ma non il tempo atmosferico.

Tre Cime di Lavaredo

Tre Cime di Lavaredo: escursione con tour fotografico

Le Tre Cime di Lavaredo (Drei Zinnen in tedesco, Tré Thìme in dialetto cadorino) fanno parte delle Dolomiti di Sesto e sono uno dei luoghi più belli e famosi delle Dolomiti nella catena montuosa delle Alpi.

Il versante Nord appartiene al comune di Dobbiaco, in Trentino-Alto Adige, mentre il versante Sud è parte da tempo immemore nel comune di Auronzo di Cadore in provincia di Belluno in Veneto.

Il confine delle Tre Cime di Lavaredo corre lungo la parete nord dal lontano 1752.

Per gli alpinisti questa è una tra le meraviglie naturali più apprezzate al mondo.

Rappresentano un vero e proprio paradiso per chi ama escursioni e ascensioni in alta montagna. I principianti hanno comunque l’opportunità di apprezzare viste impressionanti e mozzafiato con una escursione piuttosto facile che fa il giro intero delle Tre Cime.

La partenza classica è dal Rifugio Auronzo (2.320 m) da dove si gode di un ampio panorama verso la Valle dell’Ansiei e Auronzo di Cadore, i Catini di Misurina (m 2839), il lago di Misurina e il Lago d’Antorno, il Sorapiss (m 3205) e il Monte Cristallino di Misurina (m 2775).

Da lì si imbocca il largo sentiero 101 che porta prima ad una piccola chiesetta dedicata a Maria Ausiliatrice e poi al Rifugio Lavaredo (2.344 m). Dal Lavaredo si sale verso la Forcella Lavaredo (2.454 m) da cui si gode di una vista di rara bellezza: sulla sinistra si ergono maestose le Tre Cime di Lavaredo, di fronte un gran numero di montagne che si aprono a corona, tra le quali il Monte Rudo (m 2826), la Croda dei Rondoi (m 2859), la Torre dei Scarperi (m 2687), il Monte Mattina (m 2464), la Torre Toblino (m 2617) e il Sasso di Sesto (m 2539) ai piedi del quale si distingue il Rifugio A. Locatelli, mentre sulla sinistra si staglia il Monte Paterno (m 2619) e ancora la Croda Passaporto (m 2701).

Si prosegue poi fino al Rifugio Locatelli (2.438 m).

Dal Rifugio Locatelli si vedono l’Alpe dei Piani con i due Laghi dei Piani e più oltre, verso valle, la stretta Valle Sassovecchio che scende verso la Val Fiscalina e Sesto di Pusteria. Sulla sinistra della Valle Sassovecchio si erge il Crodon di San Candido (m 2891) e sulla destra la Cima Una (m 2698). Subito dietro al Rifugio c’è la Torre di Toblin (2.617 m).

Il giro viene completato percorrendo il sentiero 105 e passando prima per Malga “Lange Alm” (2.283 m) per poi tornare al Rifugio Auronzo.

Per salire all’area delle Tre Cime ci sono numerosi sentieri che partono da valle oppure occorre arrivare al lago di Misurina per poi salire in auto o autobus al parcheggio del rifugio Auronzo (2.320 m). Nel caso si dedica di usare la propria auto, ve tenuto presente che la strada è a pedaggio. La tariffa include il costo del parcheggio al Rifugio Auronzo (25€ per auto ogni 24 ore. Dopo le 24 ore si pagano altri 7 euro al giorno).

Castello di Arzignano

Il Castello di Arzignano

Il Castello è senza dubbio il simbolo di Arzignano, cittadina veneta in provincia di Vicenza.

Dal colle di Santa Maria, che divide le valli dell’Agno e del Chiampo, domina la conca dell’Agno-Chiampo su cui si affacciano anche i castelli di Montebello e Montecchio Maggiore.

Per un arzignanese come me, è naturale usarlo come soggetto fotografico.

Diverse stagioni, diversi orari del giorno, diverse condizioni di luce, diverse posizioni, diversi obiettivi fotografici.

Rivedere dopo anni lo stesso soggetto, il Castello, sotto le diverse prospettive in cui lo hai visto nel tempo fa sempre un certo effetto.

Con una assonanza forse un po’ tirata, mi ricorda il romanzo di Franz Kafka che tanto ho amato da ragazzo, Il Castello appunto, in cui l’agrimensore K non riesce ad entrare malgrado i suoi innumerevoli tentativi.

Per analogia mi vien da dire che non sono ancora riuscito a prendere l’immagine che renda appieno il senso di questo mio Castello. Vorrà dire che questo sforzo continuerà ancora a lungo.

Chiesa Villaggio Giardino - Arzignano

Arzignano: la chiesa del Michelucci a Villaggio Giardino

Quando è cominciata la costruzione della chiesa del Michelucci nel 1966, avevo 7 anni. Andavamo a giocare a pallone lì dietro, al “campo de Alo”. Abitavo in via Vicenza, a poche centinaia di metri da lì. Villaggio Giardino, questo il nome del quartiere, aveva bisogno di una chiesa visto che, fino ad allora, si usava la piccola cappella del vicino ricovero e il quartiere cresceva.

Si deve alla visione di Don Nilo Rigotto, e alle sue indubbie doti di saper fare, se una chiesa così innovativa è stata realizzata.

Che un grande architetto quale Giovanni Michelucci, già autore della celebre “Chiesa sull’Autostrada” vicino a Firenze, abbia accettato di lavorare ad Arzignano, è un merito tutto suo.

È un peccato che una chiesa così bella e particolare, con una architettura innovativa e piena di significati simbolici, sia stata incapsulata da edifici anonimi e brutti che la nascondono.

Rimane il cuore di un quartiere popolare, orgoglioso della sua chiesa.

Rocca degli alberi - Montagnana

Montagnana città murata

Montagnana è uno dei borghi più belli d’Italia. Città murata con mura tardo-medioevali ben conservate che la cingono completamente, racchiude un centro storico di notevole importanza artistico culturale.

È situata a poca distanza da importanti città d’arte quali Padova, Verona, Vicenza, Mantova e Ferrara.

Le mura si sviluppano per circa 2 Km, hanno 24 torri alte tra i 17 e i 19 metri, distanti l’una dall’altra 50 metri, e formano un rettangolo di circa 300×600 metri.

Le porte di accesso sono 4: Porta Vicenza, Porta Padova, Porta XX Settembre, Porta Legnago o Rocca degli Alberi.

La leggenda narra di una fondazione della città da parte di profughi troiani guidati da Antenore.

Luogo ideale per il controllo della regione, anche grazie al fiume Adige che la attraversava fino al 589 d.c. prima della cosiddetta “Rotta della Cucca”.

Nel X secolo Montagnana fu dotata di fortificazioni, situate probabilmente dove ora sorge il Castello di San Zeno, per difendersi dalle frequenti e devastanti scorrerie degli Ungari.

In seguito divenne centro feudale della famiglia dei Marchesi poi detti Estensi ed svolse un ruolo importante come piazzaforte militare nell’ambito della lotta tra Impero e Papato.

Nel 1242 Montagnana venne data alle fiamme de Ezzelino III da Romano (vicario imperiale di Federico II) che poi ne riavviò la ricostruzione a partire dall’ imponente Mastio.

La città tornò poi nelle mani degli Estensi, ed entrò a far parte dei domini del Comune di Padova nel 1275.

Nel XIV secolo il controllo della città passò a Da Carrara, Signori di Padova, che la dotarono di due nuove solidissime cortine murarie in laterizio e trachite, rafforzate da ben 24 torri di vedetta e dall’imponente porta fortificata di Rocca degli Alberi.

Nel 1405, dopo lunghi anni di estenuanti guerre contro Venezia, la città si consegnò alla Serenissima, perdendo importanza militare ma accrescendo la sua potenza economica, e arricchendosi di bellezze artistiche grazie ai nobili veneziani che vi si stabilirono.