Pipe Organ in Royal Opera House in Muscat, Oman

Royal Opera House in Muscat, Oman

RoHM: un regalo del sultano al qaboos

Nei suoi quasi 50 anni di governo, il Sultano Al Qaboos ha trasformato l’Oman da paese arretrato, in larga parte analfabeta, gestito in modo reazionario dal padre da lui deposto con un colpo di Stato incruento, in qualcosa che ha agganciato la modernità e lo sviluppo.

Al Qaboos è mancato nei primi giorni del 2020 ma credo resterà nella memoria e nel cuore dei suoi sudditi per la grande trasformazione che ha guidato.

La Royal Opera House Muscat (in arabo دار الأوبرا السلطانية مسقط) di Mascate (Muscat in inglese) è uno dei suoi lasciti più importanti assieme alla Grande Moschea Al Qaboos. Spesso viene chiamato con semplicemente con l’acronimo ROHM, dalle iniziali del suo nome completo.

È un teatro multiuso situato con una capacità di oltre 1.000 posti costruito tra il 2007 e il 2011 nel quartiere Shati Al-Qurm.

Il complesso è costituito da un teatro per concerti, un auditorium, dei giardini paesaggistici, un mercato culturale con negozi al dettaglio, ristoranti di lusso e un centro d’arte per produzioni musicali, teatrali e operistiche.

Un opulente e sofisticato gioiello

L’opulenza si respira in ogni aspetto: la profusione di marmi pregiati sia all’esterno e all’interno dell’edificio è solo una delle componenti di un così sofisticato gioiello.

Una acustica straordinaria. Un organo a canne movibile che è il secondo più grande al mondo.

Una sofistica soluzione ingegneristica che fa scomparire alcune delle logge e delle prime file di sedie quando serve più spazio per l’orchestra.

Esempio di apertura alle culture del mondo da parte di un paese arabo

Ma a colpire di più, specie il turista occidentale inevitabilmente lambito dai riflessi dei pregiudizi contro la supposta, indistinta, cultura araba e musulmana, è la logica che ha portato Al Qaboos a creare questo centro di cultura.

Come ti spiegano i giovani Omaniti che accompagnano i visitatori del teatro, peraltro con un inglese perfetto anche nella ricchezza delle sfumature del linguaggio, lo scopo è stato quello di consentire agli Omaniti di usufruire di tutte le diverse forme di espressione musicale che possono essere rappresentate provenienti da qualsiasi parte del mondo.

Musica come modo di aprirsi al mondo nelle sue diverse forme. Certo hanno giocato la passione di Al Qaboos per la musica e la sua formazione londinese. Va rimarcato che l’insegnamento che ne ha tratto è che la diversità, a partire dalla musica, è una ricchezza che va condivisa con il suo popolo.

In altri paesi arabi e musulmani le cose sono ben diverse. Constatare questa diversità aiutare a superare tanti pregiudizi nei confronti di culture che è sciocco considerare come un tutt’uno perdendone di vista le differenze.

Wadi in Al Hajar Mountains

Al Hajar: le montagne nel cuore dell’Oman

Uno dei più bei percorsi per godersi le montagne di Al Hajar in Oman parte da Al Hamra (https://goo.gl/maps/WLLtEdG7CfDEeXJn7) e arriva a Rustaq (https://goo.gl/maps/3TbjPAkVXoEy8kLF9) dopo 80 Km.

Quasi 50 Km sono su strada sterrata con tratti molto impegnativi anche per un’auto 4×4: pendenze importanti, tratti seriamente sconnessi, corsi d’acqua da guadare per chilometri.

Quando piove devi proprio evitare di passarci perché rischi di restare bloccato se non peggio.

In condizioni normali non ci sono pericoli e la strada, seppure sconnessa in più tratti, consente il passaggio di 2 vetture grazie ai tanti slarghi che vi sono.

Trovi anche qualche ciclista attrezzato di tutto punto. Ti chiedi come diavolo faccia a domare un percorso così impegnativo quando anche un passeggero d’auto con stomaco debole può entrare in crisi.

Ne vale comunque la pena.

I paesaggi aspri e brulli che si susseguono mostrano le incantevoli viste scenografiche di vette e vallate del sistema montuoso Al Hajar.

Colori e conformazioni delle rocce cambiano di continuo tanta è la ricchezza geologica di queste montagne.

Le immancabili capre si fanno vedere dovunque, apparentemente libere di brucare dove vogliono a testimonianza di una attività pastorizia che ha contribuito per millenni al sostentamento di chi è vissuto in queste zone così impervie.

Di tanto in tanto vedi qualche abitazione, qualche piccolo villaggio, talora abbandonato, sempre a ridosso di un “wadi” (pronuncia “uadi”), letti di torrente in cui scorre o scorreva un corso d’acqua non perenne come le fiumare nel Sud dell’Italia. Vi sono “wadi” che hanno quasi sempre acqua e diventano luogo di refrigerio durante le caldissime estati e fonte che alimenta le oasi di palme e altra vegetazione.

Dove c’è l’acqua ci sono anche i “falaj”, sofisticato sistema di irrigazione che consente di sfruttare al meglio l’acqua in situazioni così difficili.

Un veloce viaggio di attraversamento in auto consente solo una prima impressione, sufficiente al viaggiatore per impegnarlo con se stesso a tornare per una visita ben più approfondita.

Ayutthaya

Ayutthaya, una gemma della Thailandia

Ayutthaya è stata la capitale del Siam (l’odierna Thailandia) dal 1351 al 1767, quando i Birmani hanno invaso il paese e saccheggiato e distrutto la città. Il Parco storico è ciò che resta di uno splendore che deve essere stato notevole. Non ci sono più i fantasmagorici colori rosso e oro dei monumenti originali. L’oro, ovviamente, è stato depredato. Pare un singolo monumento ne avesse 250 kilogrammi.

Restano rovine in mattoni, solo in parte ricoperte dalle vecchie decorazioni e dagli intonaci. Un senso di quiete e religiosità pervade tutta l’area archeologica.

Estensione, numero dei resti, loro dimensione, fanno capire quanto la città fosse la ricca capitale di un regno importante. Restano mura, strutture varie, statue del Buddha molte delle quali decollate per il furore iconoclasta degli invasori. Numerosissime sono le stupa, monumenti di tradizione indiano destinati a conservare sacre reliquie o a ricordare eventi memorabili della vita terrena del Buddha.

l Parco Storico è su di una vasta isola circondata ai quattro lati da tre fiumi e un canale che custodisce le rovine dell’antica città.
Prima della visita è bene informarsi su Internet su cosa vedere: i siti visitabili sono così numerosi che conviene concentrarsi su quelli più interessanti.

Al solito è bene cominciare di prima mattina: il sorgere del sole esalta il rosso dei mattoni e crea delle foto con quell’atmosfera di colori caldi e saturi che soddisfa ogni fotografo.

L’inizio al primo mattino è opportuno anche anticipare la folla di turisti dei viaggi organizzati in giornata da Bangkok, nonché le temperature troppo elevate.

Per gli spostamenti tra i diversi siti il consiglio è quello di usare il tradizionale tuk-tuk o la bicicletta. Nel caso del tuk-tuk con 15 euro oltre al trasporto, hai il supporto di una persona del luogo che ti porta a visitare i siti più importanti evitando che tu perda del tempo.

Ayutthaya dista circa 80 Km da Bangkok. Tra i vari modi raggiungerla (treno, autobus, taxi, viaggi organizzati con mini-bus) ho scelto, Contro il parere di quasi tutti, di affittare e guidare un’auto. Ha funzionato e mi ha dato quella flessibilità negli spostamenti cui non so rinunciare.